Le alte pareti calcaree del Finalese hanno issato una barriera tra l’invadenza della civiltà moderna e i verdi altipiani che nascondano nella fitta vegetazione tracce remote della prima antropizzazione. Qui non esistono barriere del tempo; aggirarsi sui sentieri del Finalese significa anche seguire la storia dell’uomo dalle sue origini ad oggi. Ecco allora l’escursionista incedere come un legionario lungo l’eterna via Julia Augusta oppure sulle più recenti marenche, calcare le strane figure antropomorfe incise sui “ciappi” o percorrere i sentieri che sfiorano arcaiche abitazioni umane sorte sulle fasce incolte, ormai restituite alla vegetazione autoctona.
La parte orientale del complesso miocenico del Finalese è dominata dal grande altipiano delle Mànie, un territorio non esteso ma molto amato da Italo Calvino che protende verso il mare con il promontorio di Capo Noli. Dal capo, dove è possibile vedere spuntare nelle crepe calcaree i bellissimi fiori azzurri della Campanula isophilla, la vista spazia su parte della costa ligure e sulla sottostante Noli.
Sono sufficienti 10 minuti per percorrere la rada dell’ antico borgo ma è tanta la storia che si è svolta in questo breve spazio.
Finale Lirgure, stazione climatica tra le più note della Riviera di Ponente e principale centro del Finalese, comprende gli abitati di Finale Marina e di Final Pia e, alle loro spalle, Finalborgo.
Il nome deriva da “ad fines” ovvero “presso il confine”; la zona infatti rappresentava limite geografico e culturale tra le fiere tribù liguri dei Sabazi e degli Ingauni. Testimonianze di quest’epoca ma soprattutto di quella antecedente, con reperti archeologici rinvenuti nelle caverne abitate dall’uomo preistorico, sono osservabili nel Museo Civico di Finale. La mostra permanente è ospitata all’interno dell’ex convento Domenicano del ’300, riadattato in epoca rinascimentale.
A Borgio vi é uno stupendo monumento della natura: la grotta di Valdemino. Nella collina soprastante, riarsa dal sole, sorgono invece Piazza, Poggio, Roccaro e Crosa, le quattro frazioni di Verezzi che con le loro architetture saracene, gli antichi lavatoi e i sedili in pietra, sono più che meritevoli di una scoperta “lenta”.
Cosa dire poi della scenografica piazza di Sant Agostino, dove tutti gli anni si svolge il festival estivo all’aperto d’importanza internazionale, evento coronato dalla consegna del “Premio Veretium” al migliore attore.
Testo e Foto Enrico Bottino